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Sentenza – Cassazione, attività professionale e diritto al compenso ante riforma

Sentenza – Cassazione, attività professionale e diritto al compenso ante riforma 

Suprema Corte di Cassazione
Sentenza 30 agosto 2013, n. 19989

 

Svolgimento del processo

Con citazione del 6/6/1992 De L. D. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo con il quale gli era stato ingiunto di pagare
al geometra V. D. un compenso di lire 41.105.604 per attività professionale.
Il De L. assumeva di avere conferito al V. l’incarico di progettare la costruzione di un edificio, di averlo altresì
incaricato della direzione lavori, del disbrigo delle pratiche amministrative e della predisposizione dei calcoli del cemento
armato che il V. aveva fatto redigere, a sue spese, da un ingegnere; per tutte le prestazioni era stato convenuto il
corrispettivo di lire 12.000.000 oltre lire 4.000.000 per le pratiche di accatastamento e per quelle necessarie per i
certificato di abitabilità ed era stata già pagata la complessiva somma di lire 16.400.000 senza emissione di fattura.
Il V. si costituiva, negava che fosse intervenuto un accordo sul corrispettivo e disconosceva una scrittura prodotta da
controparte a prova dell’accordo. Dopo un procedimento incidentale di querela di falso, nel 1995 era concessa la provvisoria
esecuzione del decreto ingiuntivo e, infine, con sentenza del 15/1/2002 il Tribunale di Bari riconosceva al professionista il
minor credito di lire 5.780.000, dichiarandolo estinto per pagamento, ritenendo, quanto al residuo credito per progettazione
e direzione lavori, la nullità del contratto.
L’appello del V., che sosteneva che l’incarico non eccedeva i limiti della competenza professionale attribuita dalla legge al
geometra in quanto aveva ad oggetto una modesta costruzione, era rigettato dalla Corte di Appello di Bari con sentenza del
18/12/2006. La Corte territoriale, per quanto qui ancora interessa, rilevava:
che per la normativa vigente la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili con esclusione di quelle che comportino l’adozione, anche parziale, di strutture in cemento armato con
l’unica eccezione di piccole costruzioni accessorie nell’ambito di edifici rurali o destinati a industrie agricole, pur esse,
ulteriormente condizionate all’inesistenza di un pericolo per le persone e alla inesistenza di ragioni che rendano necessarie
particolari operazioni di calcolo;
– che i contratti conclusi in violazione delle regole sulla competenza professionale sono nulli;
– che l’art. 16 del r.d. 274 del 1929 che regola l’oggetto e i limiti dell’esercizio della professione di geometra non è
illegittimo e non può essere disapplicato;
– che la nullità non è esclusa dalla circostanza che la progettazione della costruzione in cemento armato venga poi compiuta,
su richiesta dell’incaricato, da un ingegnere o da un architetto perché la validità del contratto dipende dal possesso del
titolo abilitante da parte dì chi ha ricevuto l’incarico;
– che nel caso concreto l’incarico professionale di progettazione e direzione lavori esulava dalla competenza dei geometri
trattandosi di costruzione che non poteva essere considerata di modesta importanza tenuto conto della cubatura complessiva di
metri quadrati 2.730 per una altezza di 11 metri, pertanto addirittura superiore alla cubatura di 1.500 metri cubi fissata
dalla circolare ministeriale del 6/5/1941 nello stabilire il limite di cubatura delle costruzioni civili la cui progettazione
poteva rientrare nella competenza professionale dei geometri;
– che l’esito del procedimento penale conclusosi con l’archiviazione del procedimento penale per esercizio abusivo della
professione di geometra era inconferente in quanto operante su un piano diverso e perché non poteva spiegare efficacia nello
specifico procedimento civile.
Il geometra V. propone ricorso affidato a tre motivi e deposita memoria nella quale, tra l’altro, richiama il D.L.vo n.
212/2010 che ha abrogato l’art. 1 R.D. l’art. 1 R.D. 2229/1939 che attribuiva alla competenza di ingegneri e architetti la
progettazione delle opere in cemento armato e sostiene che la norma non solo avrebbe efficacia abrogativa, ma anche
interpretativa. Resiste con controricorso D. De L..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione e la violazione dell’art. 2231 c.c. e delle norme sulla
competenza dei geometri e, in particolare, la violazione del R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, art. 16 lett. m) e della L. n.
1086 del 1971, art. 2 (contenente norme per la disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato).
Il ricorrente censura la ritenuta esclusione della competenza dei geometri nella progettazione di opere in cemento armato
sostenendo di avere limitato il proprio intervento alla progettazione architettonica affidando i compiti relativi alla
progettazione strutturale, relativa ai calcoli delle strutture in cemento armato ad un ingegnere che, quindi si è assunto le
responsabilità sugli aspetti rilevanti per la pubblica incolumità.
Il ricorrente formulando il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. ora abrogato, ma applicabile ratione temporis, chiede
se le norme sulle competenze professionali dei geometri vietino la scissione della progettazione architettonica da quella
strutturale ponendo come obbligatorio che sia lo stesso soggetto a realizzare entrambe.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione e la violazione dell’art. 2231 c.c. e delle norme sulla
competenza dei geometri e, in particolare la violazione del R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, art. 16 lett. m) e dell’art. 2 L.
n. 1086/1971. Il ricorrente sostiene che le norme in materia di competenza professionale dei geometri non sarebbero state
correttamente applicate dalla Corte di Appello che avrebbe escluso la legittimazione del geometra a progettare e dirigere
costruzioni dotate anche solo parzialmente di cemento armato, mentre l’art. 2 L. n. 1086/1971 prevede che la costruzione di
opere in conglomerato cementizio possa avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto anche da un geometra iscritto nel
relativo albo nei limiti delle sue competenze e, nel caso concreto, la competenza sarebbe riconosciuta dallo stesso r.d.
274/1929 che, all’art. 16 lett. m attribuisce ai geometri la competenza in materia di progetto, direzione vigilanza di
modeste costruzioni civili.
Il ricorrente formulando il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c. ora abrogato, ma applicabile ratione temporis, chiede
se le norme sulle competenze professionali dei geometri escludono che tali professionisti possano svolgere progettazione di
modeste costruzioni civili ogni qual volta sia richiesta l’utilizzazione di strutture, anche molto semplici, in cemento
armato.
2. I due motivi devono essere esaminati congiuntamente in considerazione della loro stretta connessione e interdipendenza.
3.1 II primo motivo, che ripropone argomenti già più volte esaminati e disattesi dalla giurisprudenza civile di questa Corte,
è infondato e il quesito non è pertinente rispetto alla fattispecie.
Il successivo intervento, nella fase esecutiva ed in quella della direzione dei lavori di un tecnico di livello superiore a
quello del redattore del progetto originario, non può valere a sanare ex post la nullità per violazione di norme imperative,
del contratto d’opera professionale, da valutarsi con esclusivo riferimento al momento genetico del rapporto (v. Cass.
8/4/2009 n. 8543 e, in precedenza, Cass. 467/76) .
Occorre inoltre osservare che non è consentito neppure al committente scindere dalla progettazione generale quella relativa
alle opere in cemento armato poiché non è possibile enucleare e distinguere un’autonoma attività, per la parte di tali
lavori, riconducibile ad un ingegnere o ad un architetto; infatti chi non è abilitato a delineare l’ossatura, neppure può
essere ritenuto in grado di dare forma al corpo che deve esserne sorretto (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 28 aprile 2011 , n.
2537).
L’esclusione del compenso professionale, nel caso considerato, discende dall’applicazione del disposto dell’art. 2331, comma
primo ce. che, nei casi in cui l’esercizio di un’attività professionale sia condizionato all’iscrizione in un albo o elenco,
espressamente nega l’azione per il pagamento del compenso al professionista non iscritto(Cass. 2/9/2011 n. 18038).
Il quesito non è pertinente in quanto non si nega la astratta possibilità di scindere la progettazione architettonica da
quella strutturale, ma si nega che ciò possa assumere rilievo alcuno al fine di escludere la nullità del contratto quando il
contratto, nel suo momento genetico non l’abbia prevista essendo stato, invece, conferito al geometra, con il contratto,
l’incarico di progettazione e direzione della costruzione.
3.2 Anche il secondo motivo è infondato e al quesito si deve dare risposta negativa.
L’art.1 R.D.16 novembre 1939 n. 22291 (ora abrogato dal DLVO n. 212/2010) per quanto attiene alle costruzioni civili che
adottino strutture in cemento armato, sia pure modeste, prevedeva che ogni competenza dovesse essere riservata agli ingegneri
ed architetti iscritti nell’albo.
L’art. 16 r.d. 274/1929, per quanto interessa ai fini della presente controversia, così delimita l’ambito delle competenze
professionali dei geometri:
– alla lettera 1 prevede la legittimazione del geometra relativamente a: progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di
costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese
piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro
destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone;
– al punto m prevede la legittimazione del geometra relativamente a: progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni
civili.
La legge n. 1086 del 1971 disciplina le opere di conglomerato cementizio armato e all’art. 2 stabilisce che la costruzione di
tali opere deve avvenire in base ad un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito
industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze. L’esecuzione delle opere deve aver
luogosotto la direzione di un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo, nei
limiti delle rispettive competenze. La normativa, nel ribadire i “limiti delle rispettive competenze”, chiaramente rinvia,
senza introdurre autonomi ed innovativi criteri attributivi di competenza, alle previgenti rispettive normative professionali
di riferimento, tra le quali, dunque, per quanto riguarda i geometri, quella in precedenza esaminata, che è rimasta immutata
(v. Cass. 8/4/2009 n. 8543).
La norma, in altri termini, non incide sull’ambito delle competenze fissate dalle norme precedenti, ma stabilisce che ogni
qual volta si deve realizzare un’opera in cemento armato la costruzione deve avvenire in base ad un progetto esecutivo
redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo e la direzione lavori e
l’esecuzione delle opere deve avere luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale
edile iscritto nel relativo albo. Siccome l’art. 16 r.d. 274/1929 alla lettera 1 estende la competenza del geometra, quanto
alle “costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole dilimitata importanza” alle piccole “costruzioni
accessorie in cemento armato”, ma solo a determinate condizioni, mentre la lettera m) non contiene identica estensione per le
costruzioni civili di modesta importanza, si deve ritenere che resti confermata l’esclusione della competenza del geometra
per le modeste costruzioni civili in cemento armato. Ne consegue che la normativa all’epoca vigente non consentiva al
geometra la progettazione e la direzione delle costruzioni civili, ancorché modeste, ma in cemento armato.
Giusta quanto assolutamente pacifico, in dottrina come in giurisprudenza, e contrariamente a quanto si invoca da parte del
ricorrente, i requisiti di validità dei contratti sono regolati dalla legge del tempo in cui essi vengono conclusi (cfr.
Cass. 12 ottobre 1979, n. 5349; Cass. 12 aprile 1980, n. 2370; Cass. 27/3/2002 n. 4434).
Alla luce di tale consolidato insegnamento si deve concludere che il negozio giuridico nullo, all’epoca della sua perfezione,
perché contrario a norme imperative, non può divenire valido e acquistare efficacia per effetto della semplice abrogazione di
tali disposizioni, in quanto, perché questo effetto si determini, è necessario che la nuova legge operi retroattivamente,
incidendo sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore (Cass. 21 febbraio 1995, n. 1877.
3.3 II ricorrente nella successiva memoria sostiene che la soluzione da lui patrocinata oggi si imporrebbe in ragione anche
della nuova disposizione contenuta nel D.Lgs. n. 212/010 che disciplinerebbe in modo diverso la materia ed avrebbe altresì
carattere interpretativo di quello precedente.
3.4 La normativa di cui al D.Lgs. 212/2010 ha abrogato il R.D. n. 2229/1939, introducendo, per quanto qui interessa, una
diversa disciplina e, alla luce della giurisprudenza, sopra richiamata, deve considerarsi innovativa; la nuova normativa è
inoltre del tutto priva di carattere interpretativo della disciplina in materia di competenze del geometra non rinvenendosi
in essa alcun dato testuale che possa portare a questa conclusione. Lo stesso ricorrente, del resto, non indica alcun
elemento in favore della sua tesi.
Per contro va qui ribadito il principio che la natura interpretativa di una disposizione normativa, comportando una deroga al
principio della irretroattività della legge, dal momento che porta ad applicare la nuova disposizione anche al passato,
principio senz’altro valido anche nel diritto comunitario, deve risultare chiaramente dal suo contenuto, che deve non solo
enunciare il significato da attribuire ad una norma precedente, ma anche la volontà del legislatore di imporre questa
interpretazione, escludendone ogni altra (cfr. Cass. 23827/2012; Cass. n. 9895 del 2003; Cass. n. 7182 del 1986), aspetti che
non si rinvengono nel D.Lgs. 212/2010.
3.5 In conclusione devono essere confermati, nella fattispecie, i principi costantemente affermati da questa Corte secondo i
quali:
– ai tecnici solo diplomati (geometri e periti in edilizia) è consentita soltanto la progettazione, direzione e vigilanza di
modeste costruzioni civili, con esclusione in ogni caso di opere che prevedano l’impiego di strutture in cemento armato a
meno che non si tratti di piccoli manufatti accessori, trattandosi di una scelta inequivoca del legislatore dettata da
evidenti ragioni dì pubblico interesse, i limitati margini di discrezionalità attesa la chiarezza e tassatività del precetto
normativo (v. Cass. 8/4/2009 n. 8543 e la giurisprudenza ivi richiamata: Cass. 8545/05, 7778/05, 6649/05, 3021/05, 19821/04,
5961/04, 15327/00, 5873/00);
– tale disciplina professionale non è stata modificata dalla legge 5 novembre 1971, n. 1086 e dalla legge 2 febbraio 1974, n.
64, le quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a recepire la previgente ripartizione di competenze né tale
disciplina professionale è stata modificata dalla legge 5 novembre 1971, n. 1086, e dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, le
quali si sono limitate, pur senza esplicito richiamo, a recepire la previgente ripartizione dì competenze (cfr., ex multis,
Cass. 2/9/2011 n. 18038);
resta in ogni caso esclusa la competenza del geometra per le modeste costruzioni civili che siano anche in cemento armato
(con riferimento all’ultimo quesito del secondo motivo).
4. Con il terzo motivo il ricorrente deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata quanto alla valutazione delle
caratteristiche della costruzione essendo stato escluso che potesse trattarsi di costruzione modesta.
Il ricorrente sostiene che la Corte di Appello avrebbe escluso che la costruzione potesse considerarsi di modesta importanza
ai fini della legittimazione del geometra riconosciuta dal r.d. 274/1929 all’art. 16 lett. m secondo un criterio meramente
quantitativo, fondato sulle dimensioni dell’edificio, senza considerare il criterio tecnico – qualitativo con riferimento
alla struttura dell’edificio e alle relative modalità costruttive.
Invece, secondo il ricorrente, la costruzione, di cubatura di poco superiore ai 2000 metri cubi fuori terra e, comunque, di
struttura semplice, non richiedeva soluzioni di particolari problemi tecnici; richiama al riguardo giurisprudenza del
Consiglio di Stato che individua la soglia della modesta entità dell’opera nei 5000 metri cubi e una sentenza della
Cassazione penale che avrebbe ritenuto rientrare nella competenza dei geometri la costruzione di un capannone industriale di
8.200 metri cubi.
3.1 La questione come sopra introdotta con il motivo di ricorso diventa una questione di puro merito (sulla quale peraltro la
Corte di Appello ha adeguatamente motivato) che comunque resta assorbita dal rilievo (v. supra) che è in ogni caso esclusa la
competenza del geometra per le modeste costruzioni civili in cemento armato come, appunto, quella per la quale è chiesto il
compenso.
5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente, in quanto soccombente, al pagamento delle
spese liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna V. D. a pagare a De L. D. le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in euro
1.500,00 oltre euro 200,00 per esborsi.

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