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Sentenza – Pensione di reversibilità, divisione, ex moglie, convivente

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Sentenza – Pensione di reversibilità, divisione, ex moglie, convivente
Suprema Corte di Cassazione I Sezione Civile
Sentenza 30 maggio – 30 giugno 2014, n. 14793
Presidente Luccioli – Relatore Lamorgese

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Brescia, pronunciandosi sulla domanda proposta da C.E. che aveva chiesto l’accertamento del suo diritto a percepire una quota della pensione di reversibilità dell’ex coniuge V.B., deceduto nel 2010, con il quale era stata coniugata dal 1969 al 2005 e dal quale percepiva un assegno mensile di € 450,00 (oltre rivalutazione), determinò la suddetta quota nella misura dell’87%, con decorrenza dalla data di deposito del ricorso della C., e nella restante parte in favore di B.L. con la quale il V. si era risposato nel 2005.
La Corte di appello di Brescia, con sentenza 19 aprile 2012, ha condiviso la ripartizione percentuale effettuata dal tribunale (modificandone la decorrenza dal primo giorno del mese successivo al decesso dell’ex coniuge) e rigettato il motivo di gravame con cui la seconda moglie aveva fatto valere la lunga convivenza prematrimoniale con il V. (dal novembre 1991) al fine di ottenere una ripartizione della pensione più favorevole per lei. La corte ha ritenuto che fossero prevalenti, rispetto alla convivenza prematrimoniale tra la B. e il V., le condizioni economiche delle parti e poiché la prima moglie aveva redditi esigui, a differenza della seconda moglie (B.) che era titolare di quote societarie e amministratrice di società, ha ritenuto determinante il parametro valutativo della durata del rapporto matrimoniale.
La B. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria, cui resiste la C.; l’Inps ha presentato controricorso nel quale si è rimesso alla valutazione di questa Corte ai fini della ripartizione della pensione di reversibilità.

Motivi della decisione

Nel primo motivo (per violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 9 della legge n. 898/1970) la B. imputa alla corte del merito di non avere dato alcun rilievo alla lunga convivenza prematrimoniale e di non avere considerato che il matrimonio con il V. era stato celebrato solo nel 2005 per la necessità di attendere la conclusione del giudizio di divorzio dalla prima moglie; che le condizioni economiche della C. erano migliori delle sue e che i suoi redditi societari erano incerti.
Nel secondo motivo (per violazione di legge e vizio di motivazione) è dedotta la violazione del principio secondo cui la ripartizione del trattamento di reversibilità, in caso di concorso tra coniuge divorziato e coniuge superstite, deve essere effettuata, oltre che sulla base della durata del rapporto matrimoniale, ponderando ulteriori elementi di valutazione, allo scopo di evitare che anche il secondo coniuge, oltre che il primo, sia privato di quanto necessario per la conservazione del tenore di vita che il de cuius gli aveva assicurato in vita; inoltre la Corte del merito non avrebbe considerato il periodo di convivenza prematrimoniale, né che la quota spettantele della pensione di reversibilità subiva una decurtazione da parte dell’Inps in ragione del suo reddito. I suddetti motivi, che vanno esaminati congiuntamente perché connessi tra loro, sono infondati.
L’art. 9 della legge n. 898/1970, che prevede il criterio temporale della durata formale del rapporto matrimoniale ai fini della ripartizione del trattamento di reversibilità fra ex coniuge titolare di assegno divorzile e coniuge superstite, è stato interpretato da questa Corte (v., tra le altre, Cass. n. 16093 e 10391/2012, n. 5060/2006, n. 28478/2005, n. 6272/2004), in linea con la Corte costituzionale (v. sent. n. 419/1999), nel senso che il giudice del merito ha la possibilità di applicare correttivi di tipo equitativo, tra i quali la durata della convivenza prematrimoniale e le condizioni economiche delle parti interessate, al fine di evitare che il primo coniuge sia privato dei mezzi indispensabili per il mantenimento del tenore di vita cui era preordinato l’assegno di divorzio ed il secondo sia privato dei mezzi necessari per la conservazione del tenore di vita che il de cuius gli aveva assicurato in vita.
La ponderazione in concreto dei diversi parametri rientra nel prudente apprezzamento del giudice del merito, fermo restando il divieto di giungere, attraverso la correzione del criterio temporale, sino al punto di abbandonare totalmente ogni riferimento alla durata dei rispettivi rapporti matrimoniali (v. Cass. n. 2092/2007).
La sentenza impugnata, in applicazione di tali principi e contrariamente a quanto affermato nel ricorso, ha tenuto conto del periodo di convivenza prematrimoniale e, nell’ambito di una valutazione complessiva e ponderata dei diversi parametri, ha ritenuto che una diversa ripartizione (in senso più favorevole alla seconda moglie) pregiudicasse la funzione di sostegno economico cui era preordinato l’assegno divorzile a favore della prima moglie. E’ questa una valutazione riservata al giudice del merito che non può essere censurata in questa sede mediante una inammissibile richiesta di revisione del giudizio di fatto relativo alle condizioni economiche della prima moglie, ovvero di perequazione economica tra le posizioni degli aventi diritto per il tramite del meccanismo divisionale previsto dalla legge (v. Cass. n. 16093/2012 cit.).
Il ricorso è quindi rigettato. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio, tenuto conto della peculiarità della fattispecie e delle ragioni della decisione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.

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