Sentenze Cassazione

Separazione, addebito, crisi, relazione extraconiugale della moglie

Separazione, addebito, crisi, relazione extraconiugale della moglie
Suprema Corte di Cassazione I Sezione Civile
Sentenza 6 febbraio – 28 marzo 2014, n. 7410
Presidente Luccioli – Relatore Giancola

La Cassazione, con la sentenza che si riporta, ha esaminato un caso di separazione tra coniugi conseguente ad una crisi familiare divenuta definitiva nel momento in cui venne fuori che la moglie intratteneva una relazione extraconiugale con un amico del marito.

Nelle fasi precedenti del giudizio entrambi proponevano domande di addebito nei confronti dell’ex coniuge ma dalla decisione presa dalla Corte territoriale era la moglie che ne usciva “sconfitta” in quanto alla stessa veniva revocata l’assegnazione della casa coniugale, costituita da una villa con piscina sita in un prestigioso complesso edilizio in Roma, considerando non tanto dal fatto che nel corso del giudizio era sopravvenuta una sentenza che aveva riconosciuto la proprietà dell’immobile in capo al solo marito ma piuttosto al fatto che la donna ormai viveva in altro lussuoso immobile in compagnia del nuovo compagno, ed era stato accertato che ella, rientrata per breve tempo in possesso dell’immobile in contestazione ma non lo aveva occupato con i figli, poichè veniva locato a terzi ed era dunque evidente che non intendesse destinare il bene ad abitazione familiare, ma unicamente ricavare da esso un reddito.

 

 

Inoltre, veniva anche disposto che nei suoi confronti venisse escluso anche l’assegno di mantenimento (mentre veniva confermato quello disposto a favore delle figlie).

Per la Cassazione “le censure involte dai motivi in esame si risolvono in inammissibili, generici rilievi di errori valutativi in ordine agli elementi assunti, in parte pure carenti sotto il profilo dell’autosufficienza, in quanto non correlati ad ulteriori, specifiche, emerse risultanze istruttorie atte a confortarli, e, dunque, essenzialmente in critiche volte ad un diverso apprezzamento dei medesimi dati, non consentito in questa sede di legittimità. L’avversata statuizione di addebito della separazione appare, infatti, aderente al dettato normativo, oltre che logicamente e puntualmente argomentata col richiamo anche all’esito delle emerse prove pure testimoniali, irreprensibilmente riesaminate e rivalutate anche in rapporto alla specifica efficacia dei singoli mezzi nonché alla reciproca interferenza e complessiva valenza dimostrativa. D’altra parte non appare nemmeno imputabile ai giudici d’appello la mancata valutazione comparativa delle reciproche condotte dei due coniugi. La ricorrente, infatti, non ha né efficacemente contrastato il rilievo esaustivo dei giudici d’appello secondo cui non aveva fornito alcuna prova delle sue asserzioni sul punto né temporalmente contestualizzato la sua tesi. Nell’impugnata sentenza si è poi irreprensibilmente ed ulteriormente sottolineato che dall’indagine dovevano essere esclusi i gravi fatti successivi al momento in cui era emersa la compromissione del rapporto coniugale a causa dell’infedeltà della moglie, connotata da peculiare offensività per il marito. Inoltre, non essendo stato appellato dalla donna il diniego di addebito della separazione al M., da lei chiesto in ragione delle asserite intemperanze del coniuge, risalenti a periodo anche concomitante e precedente il maggio 2003, il giudicato interno a lui favorevole formatosi sul punto precludeva di rivalutare in contrario senso i medesimi contegni, anche rimasti privi di qualsiasi prova“.

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