Sentenze Cassazione

Sezioni Unite, l’avvocato risponde disciplinarmente del contenuto del proprio atto

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Sezioni Unite, l’avvocato risponde disciplinarmente del contenuto del proprio atto
Suprema Corte di Cassazione Civile – Sezioni Unite
Sentenza n. 17776 del 22 Luglio 2013  

Le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione hanno trattato il caso della sottoscrizione di un atto redatto dal difensore nell’interesse della persona offesa che stabilendo che il legale ne risponde per le espressioni utilizzate offensive ed allusive utilizzate nello stesso.

Nello specifico, l’avvocato, ipotizzando un favoritismo nei confronti di un quotidiano, si rivolgeva ai magistrati invitandoli a frequentare scuole di perfezionamento al fine di non incorrere in errori di diritto.

Il Consiglio dell’Ordine ha dunque applicato una sanzione disciplinare d’avvertimento al suddetto avvocato per aver violato col suo comportamento quanto imposto dall’art. 53 codice deontologico forense.

ART. 53. – Rapporti con i magistrati.

I rapporti con i magistrati devono essere improntati alla dignità e al rispetto quali si convengono alle reciproche funzioni.

I – Salvo casi particolari, l’avvocato non può discutere del giudizio civile in corso con il giudice incaricato del processo senza la presenza del legale avversario.

II – L’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato onorario deve rispettare tutti gli obblighi inerenti a tali funzioni e le norme sulla incompatibilità.

III – L’avvocato non deve approfittare di eventuali rapporti di amicizia, di familiarità o di confidenza con i magistrati per ottenere favori e preferenze. In ogni caso deve evitare di sottolineare la natura di tali rapporti nell’esercizio del suo ministero, nei confronti o alla presenza di terze persone.

Gli ermellini hanno ritenuto corretta l’applicazione della sanzione disciplinare emessa nei confronti dell’avvocato affermando che secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio Forense, della Corte di legittimità e del Consiglio di Stato, è sufficiente la paternità dello scritto, (che nel caso di specie riportava per esteso la firma del legale) senza che possa aver alcuna importanza il fatto che l’atto in sè sia stato redatto da un altro avvocato.

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