Sentenze Cassazione

Sistema bancario e accesso ai dati personali

banca

Sistema bancario e accesso ai dati personali

Suprema Corte di Cassazione Civile Prima Sezione
Sentenza 19 giugno – 2 agosto 2013, n. 18555

 

La Suprema Corte ha esaminato un caso che riguarda il trattamento dei dati personali all’interno dei sistemi bancari.

Gli ermellini hanno dunque avuto l’occasione per affermare e ribadire alcuni interessanti principi relativi all’argomento prendendo come punto di riferimento quanto previsto dagli artt. 7, 8 e 10 D.Lgs. 196/2003, dall’art. 119 comma 4 TUB e dalla buona fede, elemento fondamentale quest’ultima per ogni forma di contratto che si sottoscrive.

In particolare quest’ultimo articolo permette ai clienti di ottenere, a proprie spese e non oltre i 90 giorni dalla richiesta, la documentazione delle operazioni effettuate in banca.

Secondo quanto viene stabilito con la decisione n. 18555 del 2 agosto 2013, il riscontro alla richiesta dell’interessato ai sensi dell’art. 7 (Legge privacy) deve essere fornito con la massima tempestività.

Nel caso esaminato, un uomo nel 2006, temendo di essere stato segnalato alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, aveva inoltrato istanza di accesso ai propri dati personali alle di cui era cliente ma non avendo ricevuto nessuna risposta si era rivolto nel 2007 al Tribunale di Milano affinchè fosse ordinato alle banche di dare immediato riscontro alle proprie istanze.

Gli istituti di credito sostenevano che la richiesta formulata non atteneva alla comunicazione dei dati personali dell’interessato ma si riferiva invece ai pagamenti eseguiti da quest’ultimo nel corso del rapporto contrattuale e, pertanto, i tempi per rispondere alla richiesta erano stati influenzati da attività relative alla chiusura dell’anno finanziario ed alle festività.

La vicenda si è conclusa con la conferma della decisione presa dal giudice di merito, il quale ha considerato perentorio il termine di 15 giorni fissato dall’articolo 146, D.lgs. 196/2003 al fine di elaborare le informazioni da comunicare al cliente interessato e chiarendo che lo scopo della norma invocata è quello di “garantire, a tutela della dignità e riservatezza del soggetto interessato, la verifica dell’avvenuto inserimento, della permanenza, ovvero della rimozione” di dati personali, e ciò indipendentemente dalla circostanza che tali eventi fossero già stati portati in altro modo a conoscenza dell’interessato. Tale verifica – conclude la Suprema Corte – può essere attuata “mediante l’accesso ai dati raccolti sulla propria persona in ogni e qualsiasi momento della propria vita relazionale“.

Leggi il testo della sentenza

Leggi un altro articolo oppure cerca un altro argomento

Se hai trovato questa pagina interessante, condividila!