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Sostanze stupefacenti, quantità e aggravante

Corte di Cassazione, sezione VI Penale sentenza 6 – 14 maggio 2015, n. 20140

Marijuana

Sostanze stupefacenti, ingente quantità e aggravante
Corte di Cassazione, sezione VI Penale
sentenza 6 – 14 maggio 2015, n. 20140
Presidente Rotundo – Relatore Citterio

Con la sentenza che si riporta, la Corte di Cassazione ha esaminato un caso di detenzione di sostanza stupefacente e, dunque, ha delineato i termini che delimitano quando si debba o meno parlare di ingente quantitativo per l’applicazione della relativa circostanza aggravante.

Nel caso di specie, l’imputato illecitamente deteneva circa 8 kg di marijuana ma il GUP di Bologna, nel decidere, a seguito del giudizio abbreviato, escludeva  l’aggravante per il quantitativo e applicava le attenuanti generiche e la diminuente per la scelta del rito.
Il procuratore generale proponeva appello avverso questa decisione lamentando l’errata eslusione dell’aggravante  ex art. 80 dPR 309/90 e di inadeguatezza per difetto della pena in concreto applicata, anche per contraddittorietà della motivazione tra i principi di diritto indicati e la loro applicazione al caso.

La Corte d’appollo di Bologna trasmetteva tutto ai giudici di Piazza Cavour osservando che la sentenza di primo grado era stata emessa in esito a giudizio abbreviato e ritenuto che l’impugnazione della parte pubblica non rientrasse tra i casi soli previsti dall’art. 443.3 cod.proc.pen. e tuttavia fosse ammissibile ai sensi dell’art. 568.5 cod.proc.pen.

Gli ermellini hanno precisato che “La parte pubblica può  proporre appello anche per il solo punto della decisione relativo all’esclusione di una circostanza aggravante contestata nell’imputazione originaria, ma solo nei casi in cui la sentenza abbia anche modificato il titolo di reato: ciò anche quando il pubblico ministero pure non impugni contestualmente anche il punto della decisione relativo alla intervenuta modifica del titolo di reato. In altri termini, il mutamento del titolo di reato nella sentenza di condanna è il presupposto indefettibile e sufficiente per l’appello della parte pubblica, il cui contenuto può poi riguardare anche la sola esclusione di una circostanza aggravante

Sulla base di questa motivazione veniva dunque dichiarato inammissibile l’appello incidentale dell’imputato.

La Corte ha quindi ricordato che “Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, massimato nei termini che “in tema di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, l’aggravante della ingente quantità, di cui all’art. 80, comma secondo, d.P.R. n. 309 del 1990, non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore – soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata“, mantiene efficacia anche dopo la sentenza della Corte costituzionale.

Invero, si legge nella sentenza “il senso dell’insegnamento contenuto in tale sentenza è stato in definitiva quello di trovare un parametro convenzionale, non arbitrario o invasivo delle competenze del silente Legislatore laddove basato sull’esperienza giurisdizionale dell’intero territorio nazionale, cui poter ancorare la sollecitazione ai Giudici del merito ad un’applicazione della norma tendenzialmente omogenea appunto su tutto il territorio nazionale, nell’ovvia ragionevole libertà (espressamente confermata nella sentenza richiamata) dell’attenzione alle peculiarità del caso ed alla possibilità di un apprezzamento specificamente motivato: i parametri del decreto ministeriale 11.4.1996 hanno costituito pertanto solo un dato oggettivo da cui muovere e non già il presupposto di legittimità dell’intero ragionamento. Quei parametri, pertanto, e la loro funzione di dato oggettivo esterno ragionevole e tecnicamente affidabile, permangono in quanto indipendenti rispetto alla sorte formale del decreto”

Sulla base di queste motivazioni la sesta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente all’aggravante di cui all’art. 80 comma 2 dPR n. 309/90 e al trattamento sanzionatorio rinviando per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna.

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