Sentenze Cassazione

Stalking, pedinamenti e minacce nei confronti della ex

stalking

 

Stalking, pedinamenti e minacce nei confronti della ex
Suprema Corte di Cassazione Sezione III Penale
Sentenza 20 novembre 2013 – 11 febbraio 2014, n. 6384
Presidente Fiale – Relatore Orilia

La Corte di Cassazione, esaminando un caso relativo al reato di stalking ha precisato che “Il delitto di atti persecutori cosiddetto “stalking” (art. 612 bis cod. pen.) è un reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo; pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 29872 del 19/05/2011 Cc. dep. 26/07/2011 Rv. 250399; Sez. 5, Sentenza n. 34015 del 22/06/2010 Cc. dep. 21/09/2010 Rv. 248412).
Essendo stato dedotto anche il vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione, è opportuno ribadire che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. cass. sez. terza 19.3.2009 n. 12110; cass. 6.6.06 n. 23528)“.

Secondo i giudici di Piazza Cavour, che hanno ritenuto fondato il ricorso presentato dal P.M. nel quale veniva lamentato anche un vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione, hanno affermato che il percorso argomentativo adottato dal giudice di primo grado “si rivela illogico perché il Tribunale, pur dilungandosi sui differenti contenuti delle narrazioni di cui all’atto di querela e alle successive dichiarazioni rese al pubblico ministero, in ogni caso (v. pag. 6) riconosce – come elemento comune ad entrambi gli apporti orali – un comportamento molesto del V. posto in essere col mezzo del telefono, caratterizzato dalla molteplicità di chiamate e sms anche a contenuto minatorio o da atteggiamenti ossessivi (ad esempio, presentandosi nei luoghi frequentati dalla donna oppure contattando persone vicine alla stessa). E tuttavia, pur in presenza di tali elementi, esclude la sussistenza di quello stato di ansia e paura manifestato dalla parte offesa (di cui non pone neppure in dubbio l’attendibilità), richiamando a tal fine l’esistenza di chiamate della donna dirette al V. e, in definitiva, il contesto conflittuale originato dalla crisi della relazione di coppia tra i due coniugi, cioè un dato che non è assolutamente idoneo ad escludere o ridurre la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato in questione, ma che anzi appare assai rilevante, tant’è che l’art. 612 bis, al secondo comma, prevede addirittura come aggravante l’esistenza di rapporti di coniugio o di pregressi rapporti affettivi tra le parti“.

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