Sentenze Cassazione

Sulla conversione della pena detentiva in pena pecuniaria

Sulla conversione della pena detentiva in pena pecuniaria
Suprema Corte di Cassazione III Sezione Penale
Sentenza n. 2258 del 29/03/2018
Articolo a cura dell’Avv. Gaia Li Causi
 
 
Cassazione7Con la sentenza n.2258 del 29.03.2018, depositata il 21.05.2018, la Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione ha affermato che in tema di decreto penale di condanna, il Giudice, nel sostituire la pena detentiva con quella pecuniaria, è libero di rideterminare discrezionalmente l’importo giornaliero da moltiplicare per i giorni di pena detentiva indicati dal Pubblico Ministero il quale, pur non essendo tenuto a svolgere specifici accertamenti sulle capacità economiche del reo, ha comunque l’onere di allegare dati che consentano al giudice di esercitare la indicata facoltà.
 
Con ordinanza del 16.10.2017 il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Pisa non accoglieva la richiesta di emissione di decreto penale formulata dal Pubblico Ministero, restituendogli gli atti, in quanto la conversione della pena non era stata effettuata tenendo conto della condizione economica dell’imputato e del suo nucleo familiare previa indagine patrimoniale, così come disposto dall’art. 459 comma 1 bis c.p.p.
 
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pisa, deducendo l’abnormità del provvedimento impugnato.
La Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul punto, dichiarava il provvedimento del Gip del Tribunale di Pisa non affetto da abnormità e, pertanto, dichiarava il ricorso inammissibile.
 
Alcune precisazioni occorre, però, effettuare sul punto.
La Terza Sezione Penale, con la pronuncia in esame, infatti, ha colto l’occasione per specificare quale sia la ratio posta alla base del nuovo comma 1 bis dell’art. 459 c.p.p., introdotto con la L. 103/2017, con l’intento di ridurre il numero dei detenuti presso le strutture carcerarie e di diminuire il numero delle opposizioni a decreto penale di condanna.
 
Peraltro, i Giudici della Terza Sezione hanno anche colto l’occasione per porre a confronto l’art. 459 c.p.p. e l’art. 460 c.p.p. che, solo apparentemente, risulterebbero in contrasto.
Mentre l’art. 459, comma 1 bis c.p.p. consente al Giudice di determinare la pena sostituita, l’art. 460, 2° comma c.p.p. lo vincola ad applicare la pena nella misura richiesta dal Pubblico Ministero.
 
Purtuttavia, una lettura coordinata delle norme deve condurre a ritenere che la misura della pena che vincola il Giudice quando emette il decreto penale di condanna è quella detentiva indicata dal Pubblico Ministero, mentre la pena irrogata cui si riferisce il comma 1 bis dell’art. 459 c.p.p. è quella sostituta all’esito del calcolo. Pertanto, “il Giudice resta, quindi, libero di determinare discrezionalmente il tasso giornaliero che, moltiplicato per i giorni di pena detentiva indicati dal Pubblico Ministero, individua l’ammontare della pena pecuniaria”.
 
Ciò premesso, il Collegio della Terza Sezione conclude ritenendo comunque non indispensabile e necessario l’espletamento di mirate attività di verifica della situazione economico patrimoniale del reo.
Trattasi, infatti, di una valutazione che il Giudice può esprimere anche attraverso una considerazione globale degli elementi a disposizione soprattutto qualora, come nel caso in esame, il ragguaglio sia effettuato in misura corrispondente al minimo stabilito dalla legge.
 
Considerato, quindi, che ex art. 460, 2° comma c.p.p. qualora la richiesta del Pubblico Ministero non sia accolta l’unica alternativa concessa al Giudice è quella della restituzione degli atti – sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. – il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Pisa non risultava affetto da abnormità – essendo fondato su un apprezzamento di merito lui consentito, e non avendo nel caso in esame espressamente imposto degli accertamenti, ma avendo unicamente rilevato l’assenza di indagini sulle capacità economiche del reo – con la conseguenza che il ricorso proposto è stato dichiarato inammissibile.
 

Leggi un altro articolo oppure cerca un altro argomento

Se hai trovato questa pagina interessante, condividila!