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Validità della querela

Corte di Cassazione, Sezione V Penale sentenza 18 settembre – 12 ottobre 2015, n. 41037

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Validità della querela
Corte di Cassazione, Sezione V Penale
sentenza 18 settembre – 12 ottobre 2015, n. 41037
Presidente Nappi – Relatore Micheli

Ritenuto in fatto

1. Il 20/02/2015, il Gup del Tribunale di Roma dichiarava non luogo a procedere nei confronti di I.B.D. , imputata dei reati di cui agli artt. 595 e 684 cod. pen., rilevando che l’azione penale non avrebbe dovuto essere esercitata quanto alla fattispecie delittuosa (per difetto di valida querela), nonché l’intervenuta estinzione dell’ulteriore addebito (avendo l’imputata provveduto a versare la somma fissata nel provvedimento di ammissione alla procedura di oblazione).
Con riguardo al primo reato, il giudicante segnalava che la querela in atti risultava essere stata sottoscritta dalla P. , ma era stata poi materialmente depositata dal suo avvocato, Licia Polizio, espressamente delegata a tal fine nel corpo della querela medesima: tuttavia, la suddetta sottoscrizione della persona offesa non risultava essere stata autenticata. In particolare, pur essendovi -appena al di sotto della firma della P. – una espressa dicitura “per identificazione ed autentica”, seguita di una riga dal nome e cognome del difensore nominato (e, come già precisato, delegato alla presentazione della querela), il relativo spazio era rimasto bianco. Ancora al di sotto, vi era stato apposto un timbro attestante la ricezione della querela in argomento da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, recante l’indicazione delle generalità dell’Avv. Polizio quale soggetto che l’aveva materialmente depositata: in calce a detto timbro vi erano le firme del legale e del funzionario preposto.
Osservava il Gup, richiamata la giurisprudenza di legittimità sulla “necessità che l’atto di querela presentato non personalmente dalla persona offesa dal reato riporti la firma autenticata della parte che lo ha sottoscritto”, che nel caso di specie “il difensore non aveva neanche presentato, in occasione del deposito dell’atto di querela, un separato atto di nomina come difensore di fiducia, con firma autenticata dal difensore, che, pur in assenza di sottoscrizione della predetta querela, avrebbe reso inequivoca la provenienza della querela da parte del soggetto titolare del diritto”. Inoltre, secondo la motivazione della pronuncia, non poteva assumere rilievo “la circostanza che il difensore abbia apposto la propria firma in calce al timbro di ricezione della Procura della Repubblica, in quanto tale sottoscrizione ha la esclusiva funzione di conferire ulteriore certezza in ordine al soggetto che aveva presentato l’atto di querela (già identificata mediante l’esibizione di un documento personale), ma non già di garantire la sicura provenienza dell’atto dal titolare del diritto di querela, che può essere certificata solo in presenza di una rituale autenticazione operata dallo stesso soggetto che l’aveva depositato”.
2. Propone ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma.
Il Pubblico Ministero lamenta inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 120-126 cod. pen. e 336-340 cod. proc. pen., deducendo innanzi tutto che le norme appena ricordate – segnatamente, l’art. 337 del codice di rito, in relazione all’art. 39 disp. att. cod. proc. pen. – mirano a garantire che l’atto di querela provenga sicuramente dal soggetto titolare del relativo diritto, mentre “non vi è dubbio […] che il potere di autenticazione della sottoscrizione possa essere esercitato dal difensore nominato e che tale potere possa essere esercitato anche in momenti successivi alla apposizione della sottoscrizione della querela”. A questo punto, è certo che la P. nominò l’Avv. Polizio quale difensore, delegandola al deposito della querela, e che il suddetto legale, previa identificazione formale, non si limitò a depositare l’atto medesimo, ma vi appose la propria sottoscrizione; “ed allora, posto che l’attestazione di presentazione della querela presso l’Ufficio denunce-querele della locale Procura della Repubblica richiedeva unicamente il timbro del suddetto Ufficio e la sottoscrizione (certificazione) del funzionario ricevente, la firma apposta (in calce all’atto) dell’Avv. Licia Polizio ha assolto compiutamente a tutti gli oneri e funzioni cui la suddetta sottoscrizione era deputata: ratificare, validare autenticare la volontà querelatoria siccome proveniente dalla persona offesa che le aveva conferito apposito, specifico mandato”. Si legge nell’atto di impugnazione che “la sottoscrizione del difensore, nominato tale e delegato alla presentazione della querela, assolve alla funzione di autenticazione della firma del querelante, prescindendo dallo spazio cartaceo occupato dalla suddetta sottoscrizione, quando attraverso la stessa si colga inequivocabilmente la volontà di attestare che la firma apposta in calce alla querela provenga dal titolare del relativo diritto”.
3. Propone altresì ricorso il difensore della parte civile (il già ricordato Avv. Licia Polizio).
Nell’interesse della P. si rappresenta che il Gup romano avrebbe erroneamente applicato i menzionati artt. 337 cod. proc. pen. e 39 disp. att. dello stesso codice, ribadendo come sia indiscussa l’effettiva sottoscrizione, da parte del difensore, della querela a suo tempo presentata; firma che, per quanto apposta non immediatamente al di sotto di quella della parte assistita, e non richiedendosene la contestualità, aveva senz’altro valore di autenticazione di quest’ultima.
L’Avv. Polizio precisa che, in base a consolidata interpretazione giurisprudenziale, è necessario operare una valutazione “sostanzialistica” dell’autenticazione apposta dal difensore nominato dal querelante, e si sofferma in particolare sui principi affermati con la sentenza n. 25032 del 2005 Sezioni Unite Civili, secondo cui “la certificazione dell’autografia della sottoscrizione del conferente il mandato alla lite, richiesta dall’art. 83 cod. proc. civ., comma 2, è assicurata, sia per la procura a margine che per la procura in calce, dall’unica firma con la quale il difensore, avvalendosi della procura, da paternità all’atto processuale”; perciò, “l’esigere una seconda firma del difensore, appositamente collocata in sequela dopo la firma del mandato da parte del soggetto rappresentato, non risponderebbe ad alcun apprezzabile scopo, e sarebbe del tutto ultroneo, dato che la rilevata unitarietà dell’atto e la non scindibilità della procura dal documento che la contiene ostano alla possibilità di riferire la firma del difensore ad una sola porzione del documento stesso, con esclusione di quella in cui si trova la procura”.
4. Il 14/09/2015 è stata presentata una memoria nell’interesse dell’imputata, a firma dell’Avv. Luigi Fischetti.
Il difensore della B. sottolinea che attraverso la previsione dell’art. 337, comma 1, cod. proc. pen. il legislatore ha voluto imporre, per una querela presentata per iscritto, due essenziali requisiti formali, che consistono nella sottoscrizione del querelante e nella autenticazione di quella firma da parte di soggetto a ciò abilitato: autenticazione che non può confondersi con la ben diversa attività descritta dal comma quarto, riguardante l’identificazione del difensore (quale soggetto incaricato del deposito dell’atto) da parte dell’autorità che riceve la denuncia querela.
Ad avviso della difesa, “quando l’atto di denuncia-querela viene presentato all’Autorità competente, è onere dell’ufficio attestare la data, il luogo ed, infine, l’identificazione della persona che propone la querela e del soggetto incaricato al deposito della stessa. In tale circostanza, l’Ufficio competente può richiedere una firma od una sigla al soggetto incaricato ai soli fini di conferire ulteriore certezza al soggetto che deposita l’atto”; tanto più che la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di qualificare come causa di semplice irregolarità l’omessa identificazione del soggetto incaricato dalla persona offesa di depositare la querela, senza alcuna conseguenza in punto di validità dell’atto. Ergo, distinguendo ancora le finalità dei due commi in esame, deve concludersi che il primo “dispone che l’autenticazione del difensore ha la finalità di garantire la sicura provenienza dell’atto dal titolare del diritto di querela, a pena di improcedibilità dell’azione penale”, mentre dall’altro si ricava la conclusione che “l’eventuale firma del difensore sia un semplice rafforzativo dell’identificazione del soggetto incaricato al deposito della querela, il cui difetto implica una mera irregolarità amministrativa”.
L’Avv. Fischetti sostiene infine che i richiami giurisprudenziali operati nel ricorso avanzato nell’interesse della P. si esauriscono nella citazione di pronunce di natura civile, afferenti situazioni del tutto eterogenee.

Considerato in diritto

1. I ricorsi appaiono fondati.
1.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “è valida la querela sottoscritta dalla persona offesa e, in calce, dal difensore che la ha depositata in Procura, considerato che in virtù dell’art. 337, comma primo, cod. proc. pen. la querela presentata da un incaricato deve essere munita dell’autenticazione della sottoscrizione da soggetto a ciò legittimato e, quindi, ai sensi dell’art. 39 disp. att. cod. proc. pen., anche dal difensore, nominato formalmente ovvero tacitamente” (Cass., Sez. VI, n. 13813 del 26/03/2015, Recce, Rv 262966: nella motivazione della pronuncia appena richiamata, si è affermato che la nomina tacita è desumibile anche dalla presentazione dell’atto all’autorità competente ad opera del legale e che l’autentica del difensore, autorizzato dall’art. 39 predetto, può ritenersi assolta dal difensore mandatario e depositante, che abbia apposto la sua firma sull’atto di querela di seguito a quella del titolare del diritto).
Come già ricordato, nel caso di specie è pacifico che l’atto di querela rechi -anche – la sottoscrizione dell’Avv. Polizio, per quanto in calce al timbro attestante le circostanze della ricezione: il legale, espressamente incaricato della presentazione della querela come da dichiarazione della P. inserita nel corpo stesso dell’atto, appose certamente quella firma al momento della sua identificazione ad opera del funzionario preposto alla ricezione presso il competente ufficio di Procura; tuttavia, ove si intenda comunque riconoscere alla sottoscrizione in argomento valore di autentica, è indiscusso che “ai fini della validità dell’atto di querela non è necessario che la sottoscrizione del querelante sia contestualmente autenticata dal difensore” (Cass., Sez. V, n. 48528 del 06/10/2011, B., Rv 252115).
1.2 La tesi del Gup, ribadita nella memoria depositata dal difensore della B. e condivisa dal P.g. presso questa Corte, è che l’unica firma dell’Avv. Polizio, in quanto vergata sotto il timbro più volte ricordato, non possa che riferirsi alle attività di ricezione dell’atto. Tuttavia, che il pubblico ufficiale preposto a ricevere la querela, dopo avere curato – come certamente accadde nel caso in esame – l’identificazione del presentatore, chieda a costui di apporre una sottoscrizione esclusivamente strumentale a “conferire ulteriore certezza al soggetto che deposita l’atto” appare evenienza quanto meno astratta; in vero, l’attestazione su chi abbia curato l’attività materiale di deposito della querela compete solo a quel pubblico ufficiale, e non si prevede in alcun modo – non essendovi alcuna esigenza di rafforzamento di quanto ivi certificato come avvenuto in presenza del p.u. – che il presentatore sottoscriva a sua volta un atto riferibile in via esclusiva al funzionario, avente financo fede privilegiata. Non a caso, a fianco della firma dell’Avv. Polizio risulta apposta una sigla ulteriore, da intendersi riferibile al predetto funzionario.
Inoltre, proprio il fatto che l’omessa identificazione del presentatore non inficia la validità della querela, contrariamente alle deduzioni della difesa dell’imputata, dovrebbe imporre conclusioni opposte rispetto a quelle cui è pervenuto il Gup romano. Ove il funzionario della Procura non avesse dato atto delle generalità dell’Avv. Polizio, sapendo trattarsi di mera irregolarità, vi sarebbe forse stata ragione di richiedere al legale di sottoscrivere il timbro, onde sopperire ad un vizio puramente formale e non decisivo: ma non ve ne era, di certo, alcuna ragione dopo aver curato quelle incombenze con assoluta puntualità e precisione, con tanto di indicazione del numero di tesserino dell’Ordine forense di appartenenza dell’Avv. Polizio.
1.3 In definitiva, se la firma dell’Avv. Polizio aveva un senso, questo non poteva essere che quello di confermare la provenienza dell’atto dal titolare del diritto di sporgere querela, tanto più che chi era stato delegato a presentarlo coincideva proprio con il soggetto abilitato ad autenticare la sottoscrizione della querelante. Situazione, questa, ben diversa rispetto a quella sottesa alla pronuncia di questa Corte richiamata dal Gup a sostegno delle proprie determinazioni, atteso che la fattispecie concreta in relazione alla quale si è affermato che “in tema di querela, la mancata autenticazione della sottoscrizione determina l’improcedibilità dell’azione penale, per l’ipotesi in cui la querela non venga presentata personalmente dall’interessato, ma venga recapitata da un incaricato, riflettendosi sulla garanzia di sicura provenienza dell’atto dal titolare del diritto di querela” (Cass., Sez. II, n. 5527 del 18/12/2013, Puleo, Rv 258224) riguardava il caso del conferimento dalla persona offesa di procura speciale a proporre la querela, con successiva presentazione, ad opera di un terzo incaricato, di un atto che recava solo la sottoscrizione non autenticata del procuratore speciale.
Nel differente contesto di cui alla presente fattispecie, condividere le argomentazioni adottate nella sentenza impugnata equivarrebbe a pretendere per puro formalismo che il difensore della P. , oltre ad apporre una firma (priva di senso ed improduttiva di effetti) in calce al timbro della Procura avrebbe dovuto vergare una seconda sottoscrizione pochi centimetri più in alto, rigorosamente in corrispondenza della dicitura predisposta ai fini dell’autentica.
2. Si impongono pertanto,e determinazioni di cui al dispositivo.
Il regime delle spese tra le parti private, anche con riguardo al presente giudizio di legittimità, deve essere rimesso al definitivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma, ufficio del Giudice dell’Udienza Preliminare.

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