Sentenze Cassazione

Violenza sessuale commessa dal medico, procedibilità d’ufficio

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Violenza sessuale commessa dal medico, procedibilità d’ufficio
Corte di Cassazione, sezione III Penale
Sentenza 3 dicembre 2014 – 9 aprile 2015, n. 14247
Presidente Squassoni – Relatore Di Nicola

La Cassazione, con la sentenza che di seguito si riporta, ha esaminato il caso di un medico ritenuto colpevole in primo e secondo grado dei reati previsti dagli articoli 609 bis, commi 1 e 2, 609 ter, comma 1 n. 3, codice penale perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso costringeva mediante abuso di autorità e comunque induceva  delle pazienti – in determinati casi ed anche in distinte occasioni – a subire atti sessuali anche abusando delle condizioni di inferiorità fisica e psichica al momento del fatto nel quale versavano le persone offese e commettendo i fatti nel corso degli anni anche nella rivestita qualità di medico specialista in pneumologia operante presso l’ospedale , e quindi quale incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle sue funzioni.

La sentenza veniva parzialmente riformata dai giudici della Corte d’appello di Torino e l’uomo veniva condannato in questa sede alla pena di anni 7 e mesi sei di reclusione.

I Giudici di Piazza Cavour hanno ricordato che “il rapporto instauratosi tra medico e paziente è di natura pubblicistica quando il secondo si rivolge al primo non per ragioni professionali, che riguardino lo specifico professionista, ma alla struttura ospedaliera nell’ambito della quale il sanitario opera, con la conseguenza che, a tal proposito, questa Corte ha già avuto modo di affermare che è procedibile d’ufficio, ai sensi dell’art. 609-septies, comma quarto, n. 3, cod. pen., il reato di violenza sessuale commesso all’interno della struttura sanitaria ai danni di una paziente da un medico ospedaliero, rimanendo irrilevante che questi, per il rapporto di fiducia instauratosi con la paziente, abbia fissato le visite senza seguire il normale iter burocratico per l’accettazione, in quanto tale circostanza non modifica la natura pubblicistica del rapporto intercorso tra medico e vittima“.

Pertanto, si legge in sentenza, è “fuori discussione, dunque, che il ricorrente agì nella qualità di medico ospedaliero, va poi ribadito che la procedibilità d’ufficio del delitto di violenza sessuale commesso dall’incaricato di pubblico servizio non richiede l’abuso delle funzioni pubblicistiche svolte, essendo sufficiente il semplice collegamento tra le condotte illecite e le predette funzioni“.

Articoli di riferimento:
Articolo 609 bis Codice Penale
Violenza sessuale

Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.

Articolo 609 ter Codice Penale
Circostanze aggravanti

La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all’articolo 609 bis sono commessi:
1) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici;
2) con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa;
3) da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;
4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale;
5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni sedici della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore.
5 bis) all’interno o nelle immediate vicinanze di istituto d’istruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa;
5-ter) nei confronti di donna in stato di gravidanza;
5-quater) nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza;
5-quinquies) se il reato è commesso da persona che fa parte di un’associazione per delinquere e al fine di agevolarne l’attività;
5-sexies) se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.
La pena è della reclusione da sette a quattordici anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci.

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