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Violenza sessuale, donna ubriaca e consenso

Violenza sessuale, donna ubriaca e consenso
Suprema Corte di Cassazione III Sezione Penale
Sentenza 1° aprile – 9 luglio 2014, n. 29966
Presidente Squassoni – Relatore Di Nicola

donna ubriacaLa Corte di cassazione, con la sentenza che si riporta al link in fondo all’articolo, ha precisato che sussiste il reato di violenza sessuale anche nel caso in cui la persona offesa abbia assunto (o sia stata indotta ad assumere) bevande alcoliche al punto di renderla in una condizione di inferiorità psichica o fisica.

In poche parole, la terza sezione penale ha trattato il caso della violenza sessuale subita da una persona ubriaca e, nel decidere ha osservato che il fatto di trovarsi nel suddetto stato non può considerarsi in nessun caso come consenso da parte della vittima.

Nel caso di specie, con ordinanza il Tribunale della libertà di Trento, in accoglimento dell’appello cautelare proposto dal pubblico ministero, ha applicato, riformando l’ordinanza emessa dal Gip presso il medesimo Tribunale che aveva rigettato la domanda cautelare dell’imputato, la misura degli arresti domiciliari con riferimento al delitto di cui agli artt. 61 n. 5, prima e terza ipotesi, e 609 bis cod. pen., perché costringeva con violenza una donna di anni 32, che conosceva di vista e con cui si era intrattenuto a parlare pochi minuti all’interno di un Bar a subire un rapporto sessuale completo con l’aggravante di aver commesso il fatto in danno di una persona in condizioni di minorata difesa in quanto ubriaca.

Il difensore di fiducia dell’uomo ha proposto appello affidandosi a diversi motivi tra cui anche il fatto che non vi sia stato un esplicito dissenso manifestato dalla vittima rispetto all’atto sessuale e che entrambi i soggetti erano ubriachi, con la conseguenza che la norma in esame non sembra applicabile al caso di specie richiedendo che soltanto uno dei soggetti coinvolti sia in stato di inferiorità (fisica o psichica) rispetto all’altro e non che, come nella specie, entrambi i soggetti, coinvolti nell’atto sessuale, si trovino nella medesima situazione di menomata integrità psichica (in quanto entrambi completamente ubriachi), sicché il reato in questione non può dirsi integrato nei confronti di alcuno dei due.

Secondo la Corte, come recentemente ribadito (Sez. 3, n. 9618 del 2014 non mass.) “integra il delitto di violenza sessuale non solo la violenza che pone il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre tutta la resistenza possibile, realizzando un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta con il compimento di atti idonei a superare la volontà contraria della persona offesa, soprattutto se la condotta criminosa si esplica in un contesto ambientale tale da vanificare ogni possibile reazione della vittima (Sez. 3, n. 40443 del 28/11/2006, Zannelli, Rv. 235579), escludendo che, per la configurabilità del reato di violenza sessuale, fosse necessario il ricorso alla vis atrox, con la conseguenza che il fatto di reato è pienamente integrato anche quando l’agente prosegua un rapporto sessuale allorché difetti, in via genetica, il consenso della vittima o, se anche originariamente prestato, il consenso stesso venga successivamente meno a causa di un ripensamento ovvero della non condivisione delle forme o delle modalità di consumazione del rapporto, ciò in quanto il consenso della vittima agli atti sessuali deve perdurare nel corso dell’intero rapporto senza soluzione di continuità (Sez. 3, n. 4532 del 11/12/2007, (dep. 29/01/2008), Bonavita, Rv. 238987).
2.3. A fronte di tale ricostruzione fattuale e delle corrette ricadute che il Collegio cautelare ne ha fatto discendere in punto di diritto per la ritenuta configurabilità di un grave quadro indiziario, le obiezioni del ricorrente, quantunque articolate e prospettate come vizi di legittimità, si sostanziano in doglianze fattuali perché svincolate rispetto alla denuncia di errori di diritto o di vizi logici della decisione impugnata, attenendo alle valutazioni operate dai giudici di merito e chiedendosi al giudice di legittimità una rilettura degli atti processuali, per pervenire ad una diversa interpretazione degli stessi, più favorevole alla tesi difensiva del ricorrente“.

L’ordinanza è stata comunque annullata dai Supremi giudici per la fondatezza di altri motivi relativi al difetto di motivazione e alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.

Per leggere le motivazioni della decisione
Leggi il testo della sentenza

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About Avv. Giuseppe Tripodi (1645 Articles)
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