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Autosufficienza economica, assegno, mantenimento, figlia

MANTENIMENTO FIGLI

 

Autosufficienza economica, assegno, mantenimento, figlia
Suprema Corte di Cassazione VI Sezione Civile – 1
Ordinanza 23 aprile – 8 luglio 2014, n. 15500
Presidente Di Palma – Relatore Dogliotti

La Cassazione ha affrontato un interessante tema in materia di mantenimento dei figli.

Più nello specifico, i Giudici di Piazza Cavour hanno esaminato il caso di quando la figlia diventa economicamente autosufficiente facendo venir meno l’assegno di mantenimento a carico del padre e, nella sentenza in commento gli ermellini hanno spiegato che tale esclusione deve avvenire dal momento della decisione e non quello della domanda.

I fatti:
La Corte di Appello esclude l’assegno per la figlia maggiorenne, ormai residente negli Stati Uniti e con un reddito da lavoro stabile. Il giudice a quo richiama l’”attualità” della situazione, con ciò significando che il padre non ha provato una decorrenza, eventualmente anteriore, dell’autosufficienza economica della figlia. Lo stesso ricorrente afferma che la figlia aveva mantenuto la residenza in Roma, benché studiasse negli Stati Uniti e, solo nel corso del giudizio di appello, egli aveva prodotto documentazione circa il definitivo trasferimento all’estero della figlia. Sussisteva dunque la legittimazione della madre convivente, fino al trasferimento della figlia, a percepire l’assegno per questa. Bene ha fatto dunque la Corte di Appello ad escludere l’assegno dalla data della decisione, e non dalla domanda. Del resto, correttamente, la sentenza si riferisce pure alla natura alimentare dell’obbligo e all’impossibilità di ripetizione di quanto corrisposto, secondo giurisprudenza consolidata (per tutte, Cass. N. 6864/09), che questo Collegio condivide, non avendo pregio le argomentazioni, del resto molto scarne, contenute nella memoria difensiva, e volte ad un superamento di tale orientamento. Riguardo all’altro figlio, la sentenza impugnata, ancora una volta con motivazione adeguata e non illogica, precisa che egli si è laureato in architettura, ma non ha raggiunto l’autonomia economica; risulta aver prestato attività lavorativa temporanea part-time “per cifre irrisorie”. Nessuna prova ha fornito il ricorrente di una “colpa” del figlio, per aver trovato un lavoro del tutto limitato e scarsamente remunerativo. Va pertanto rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza.

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