Cassazione : per i locali ad uso promiscuo niente controlli fiscali senza l’autorizzazione della Procura della Repubblica
Cassazione : per i locali ad uso promiscuo niente controlli fiscali senza l’autorizzazione della Procura della Repubblica
Corte di Cassazione – Sentenza n. 4140 depositata il 20 febbraio 2013
La Corte di Cassazione ha stabilito che serve l’autorizzazione della Procura della Repubblica per permettere all’amministrazione finanziaria di effettuare i controlli nel caso in cui il locale utilizzato per lo svolgimento dell’attività sia collegato all’abitazione da semplici porte comunicanti e, pertanto, considerato ad uso promiscuo.
La vicenda che ha permesso ai giudici della Cassazione di trattare l’argomento (ed emettere la sentenza n. 4140 depositata il 20 febbraio 2013) riguardava una impresa a cui venivano contestate l’uso di fatture false.
La contestazione risultava dai rilievi emersi dopo aver effettuato un controllo nella sede dell’impresa ma, il contribuente non si è perso d’animo ed ha impugnato l’avviso di accertamento rappresentando appunto che i locali per l’attività erano adiacenti alla propria abitazione e, secondo quanto rappresentato dalla difesa dell’uomo, tale circostanza era idonea a render nullo l’atto perchè privo dell’autorizzazione della Procura della Repubblica.
La tesi prospettata dalla difesa è stata condivisa in tutti i gradi di giudizio e, pertanto, all’Agenzia delle Entrate non restava che provare la strada della Suprema Corte, ma anche Piazza Cavour rappresentando agli ermellini che l’autorizzazione della Procura della Repubblica è necessaria solo nel caso in cui il luogo di svolgimento dell’attività produttiva e l’abitazione siano gli stessi e non nel caso in cui questi siano solo comunicanti.
Anche i giudici del Palazzaccio però hanno dato ragione al contribuente confermando la sentenza del merito e, pertanto, ritenendo nullo l’atto impositivo.
Secondo i supremi giudici i due locali, anche se distinti, erano in comunicazione tramite delle porte e ciò rendeva possibile la classificazione di locale ad uso promiscuo e richiedeva, quindi, l’autorizzazione della Procura della Repubblica.
In conclusione, la Cassazione ha ritenuto la prova acquisita in maniera illegittima e, pertanto, l’ha considerata inutilizzabile.